L’Italia che affonda

4.16 - La struttura della docenza universitaria italiana a pseudo tronco


Nel caso dell’Italia la struttura della docenza universitaria ha la forma di uno pseudo tronco con una base che si allarga solo con i ricercatori, diversamente da quanto avviene negli altri paesi dove ci si avvicina maggiormente ad una struttura piramidale, che è rispecchiata in modo più aderente nel Regno Unito. A voler riequilibrare tale situazione, riportandola a quella che è la normalità europea o almeno a un tronco di cono che progressivamente si assottigli andando dal basso verso l’alto, bisogna innanzi tutto prendere atto del fatto che l’Italia è sottodimensionata sia per stanziamenti alla ricerca scientifica nel suo complesso (v. quadri 3.24.1 e 3.24.2) , sia per numero di ricercatori ogni 1000 abitanti (v. quadro 3.24.6), sia anche per finanziamenti all’università in valore assoluto (v. quadro 4.7) e percentuale  (v. quadro 4.8)
e in rapporto agli altri segmenti della filiera formativa. Si consideri anche che - secondo i dato del CNVSU - il numero dei docenti universitari ha raggiunto il suo massimo nel 2008 con 62.762 unità per diminuire nel 2010 a 57.363 unità, facendo così ulteriormente diminuire il rapporto percentuale di ricercatori per ogni 100 abitanti (visto nel quadro 3.24.6). A ciò si aggiunga che l’alta età media degli ordinari (nel 2010 è di 59,2 anni) (vedi figura 73a) e il fatto che nel 2009 il 53% per cento di essi ha superato i 60 anni (a cui si aggiungono il 25% degli associati) (v. figura 76),
ha fatto prevedere al CNVSU che fuoriusciranno dal sistema nel 2010-2015 il 24% degli ordinari (pari a 3.805), l’8,7% degli associati (pari a 1.453) e il 7,8% di ricercatori (pari a 1.944). In totale 7.702 docenti. Considerando tutto ciò, vi sono le premesse per un sostanziale riequilibrio della struttura della docenze universitaria, almeno nel rapporto associato/ordinario, visto che la riforma Gelmini ha eliminato la figura del ricercatore a tempo indeterminato (che in sostanza costituiva una sorta “terza fascia docente”).

Si noti inoltre (dalla figura 76) come tra il 1998 e il 2009 i docenti con più di 60 anni siano aumentati in tutte le categorie e questo è dovuto più al mancato ingresso di giovani ricercatori che alla immissione in ruolo di ordinari e associati in tarda età, in quanto le procedure di valutazione comparativa nella maggior parte dei casi si sono risolte in un semplice passaggio di fascia, lasciando immutata la struttura in età della docenza: a fronte di 30.555 vincitori dal 1999 al 2008, coloro che provenivano dal mondo non accademico sono stati solo 1.048, cioè circa il 3,4%. Insomma, si deve constatare un complessivo mancato rinnovamento della classe docente universitaria, che ha comportato il progressivo invecchiamento di quella esistente e la frustrazione di molti giovani ingegni costretti alla rinunzia o alla emigrazione. Tale situazione, dunque, permette che si aprano spiragli di speranza per i quali bisogna trovare la capacità e la volontà politiche di trarne in qualche modo profitto.

 

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Note e osservazioni


Quadro 4 - Miti e tristi realtà dell’università italiana