L’Italia che affonda

4.27 - Gli articoli più citati: l’Italia al 7° posto nel mondo


In merito a quanto visto nei quadri precedenti sulla buona performance dei ricercatori italiani, si potrebbe obiettare che la quantità non è qualità. E in tale direzione potrebbe far inclinare il fatto che il numero di citazioni per articolo ci pone solo al 18° posto, anche se la situazione è nel tempo migliorata in quanto nel periodo 1998-2008 (ottobre) eravamo collocati al 26° posto. Questa discrasia rispetto agli altri valori prima esaminati (vedi quadri 4.25 e 4.26) può essere spiegata in due modi: o attribuendola appunto alla scarsa qualità intrinseca di ciascun articolo (produciamo molto, ma non sempre ad alti livelli); oppure si potrebbe pensare allo scarso livello di internazionalizzazione delle nostre pubblicazioni, poco “visibili” sul mercato internazionale. Ciò getterebbe anche un po’ di luce sul perché non vi siano università italiane collocate tra le prime 50.

Ci fa inclinare verso la seconda ipotesi la considerazione dei risultati che scaturiscono dalla ricerca dell’OECD (Measuring Innovation. A New Perspective, OECD, Paris 2010), anch’essa basata su criteri bibliometrici, ma tratti da una fonte diversa della Thomson Reuters e con una metodologia differente e pertanto significativi come riprova. Da essa emerge che, benché i ricercatori italiani, per quanto riguarda il numero di articoli scientifici prodotti, non si collochino ai primi posti (sono al 21° posto), tuttavia se consideriamo il top dell’1% degli articoli più citati, ci collochiamo molto meglio, al 7° posto, col 5,3% (vedi la figura 88).
Bisogna notare che tale classifica prende in considerazione solo le scienze e l’ingegneria, che però hanno un’estensione abbastanza vasta in quanto includono le scienze della vita (medicina, ricerca biomedica e biologia), le scienze fisiche (chimica, fisica e scienze della terra e dello spazio), le scienze matematiche sociali e comportamentali (psicologia, scienze sociali e scienze della salute), le scienze informatiche (ingegneria e tecnologia dei computer); restano escluse quelle più tradizionalmente umanistiche, come storia, arte, filosofia ecc.

Anche un altro studio molto citato di David A. King [2004], sebbene un po’ più vecchio, ha pubblicato una tabella analoga a quella dell’OECD (figura 88) dove l’Italia conferma il suo buon 7° posto. Dato ulteriormente avallato dallo studio degli ungheresi Edit Csajbók, Anna Berhidi, Livia Vasas e András Schubert (“Hirsch-index for countries based on Essential Science Indicators data”, Scientometrics, Vol. 73, No. 1, 2007, pp. 91–117) che hanno utilizzato l’indice di Hirsch per “normalizzare” il numero di articoli e di citazioni per articolo: anche in questo caso l’Italia risulta settima nella classifica generale comprendente tutte le discipline, ma migliora col 6° posto in medicina e scienza dei computer ed ha un ottimo 4° posto nella scienza dello spazio (space science),  venendo solo dopo USA, Inghilterra e Germania. A dimostrazione che quando si investe in un campo i risultati si vedono!

Dati come questi hanno giustamente permesso di sostenere che «i ricercatori italiani sono tra i più bravi e produttivi del mondo», ovvero “pochi ma buoni” (Greco & Termini, Contro il declino, cit., p. 58) e di parlare di un “paradosso italiano”, caratterizzato dal fatto che «mentre le risorse del paese per R&S sono significativamente al di sotto di quelle delle maggiori economie, per i suoi risultati in termini di pubblicazioni scientifiche non solo è uno dei più prolifici nel mondo, ma anche grandemente accreditato in diversi campi» (J. Brown, “The Italian Paradox”, 2011. In: http://www2.cnrs.fr/en/1588.htm).

 

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Note e osservazioni


  1. Punti elenco Una ulteriore conferma di quanto esemplificato dalla fig. 88 ci viene dalla Royal Society della Gran Bretagna che in un recente Report pone a confronto le performance del 1999-2003 e 2004-2008 delle nazioni al mondo in merito alla percentuale delle citazioni globali. Si nota non solo il miglioramento di paesi come Cina e Spagna che così espellono dalla classifica delle migliori dieci l’Australia e la Svizzera, ma il fatto che l’Italia conferma il suo settimo posto della fig. 88, migliorando la sua percentuale di citazioni nel mondo dal 3% al 3,7% del periodo 2004-2008. Vedi il relativo articolo e il report che può essere liberamente scaricato al seguente link [vai]. IL sito del The Economist pubblica la notizia fornendo una figura che esemplifica in modo chiaro quanto contenuto nel Report della Royal Society (fare click sulla figura per ingrandirla).





  1. Punti elenco La realtà di grande qualità della ricerca italiana è indiscutibile, tanto da essere sottolineata anche dall’ex Presidente del Senato Marcello Pera (del centrodestra), per il quale «I dati positivi dicono che i ricercatori italiani hanno una alta produttività e una alta qualità scientifica. Questo significa che la nostra ricerca sta ai piani superiori della graduatoria internazionale, che è competitiva, e che l'Italia è attrezzata per affrontare la sfida della post-modernità. Questo è l’aspetto più lusinghiero della nostra situazione. Neppure nel settore della ricerca, l’Italia è una paese marginale. Al contrario, è un grande paese che sa rispondere alle nuove domande o esigenze» (M. Pera, “La situazione della ricerca scientifica in Italia”).

 

Quadro 4 - Miti e tristi realtà dell’università italiana