L’Italia che affonda

3.10.6 - Gli italiani di fronte alla corruzione


Ma che posizione assumono gli italiani di fronte ai valori negativi prima esaminati e che per la World Bank sono decisivi per definire la qualità della cosiddetta “governance”? Esistono in merito due ricerche sugli atteggiamenti degli europei verso la corruzione effettuate per conto di Eurobarometer: una dalla Gallup Organization (2008) e una dalla TNS Opinion & Social (2009 e anni precedenti). I risultati nella sostanza mettono in luce che:

  1. Per la TNS, l’83% degli italiani è d’accordo nel pensare che il problema della corruzione è uno dei più importanti del proprio paese (uno dei più alti indici europei, a fronte della media europea del 78%). Nel rapporto della Gallup, il 77% degli italiani ritiene che il bilancio dello Stato è oggetto di frode e il 76% che vi sia corruzione e malaffare a livello governativo e istituzionale; una percentuale al di sopra della media EU27 (rispettivamente 71% e 63%), che colloca l’Italia in entrambi i casi al 6° posto. Tuttavia nel rapporto TNS, a differenza del 2008, quando tale percentuale era aumentata del 10% rispetto alla rilevazione del 2005 (il tasso di crescita più elevato nell’Ue, insieme a quello della Spagna), nella rilevazione del 2009 si mantiene quasi costante rispetto all’anno precedente (che era dell’84%); sono altri i paesi in cui è aumentato notevolmente il numero di coloro che credono sia la corruzione uno dei principali problemi del proprio paese, anche a seguito di scandali avvenuti nell’intervallo di tempo tra le due rilevazioni (Finlandia, Austria, Malta e Francia quelli più rilevanti). Nel “North-South divide” che caratterizza la pubblica opinione europea, l’Italia si pone chiaramente nel polo Sud.

  2. Per TNS, il 70% degli italiani ritiene nel 2008 che gran parte della corruzione è causata dal crimine organizzato (è la più alta percentuale in Europa, immediatamente seguita da quella della Bulgaria, col 66%). Nel 2009, sulla base di un questionario somministrato che permetteva sino a un massimo di tre risposte in un set di 9 scelte, il 47% degli italiani (in linea con l’opinione diffusa in UE) pensava che tra le cause della corruzione sociale quella più rilevante sia dovuta ai legami troppo stretti tra affari e politica e al fatto che il governo e le istituzioni politiche fanno troppo poco per lottare contro di essa (il 36%); inoltre si ritiene che non vi sia una reale punizione della corruzione a causa di sentenze poco severe e scarsa attività di contrasto (30%), pur essendo in maggioranza convinti che spetta al sistema giudiziario combatterla (60%); e che per lo più gli incarichi assegnati nelle pubbliche amministrazioni non siano legati al merito o alle qualificazioni possedute (31%) . Tuttavia di fronte alla domanda secca se si è d’accordo o meno con l’affermazione che i tribunali sono troppo poco severi nelle pene, ben l’82% degli italiani si trova d’accordo, realizzando una delle più alte percentuali nell’UE (ci precedono solo la Rep. Ceca, la Slovenia, la Grecia e l’Ungheria). La scarsa fiducia nel sistema giudiziario e legale risulta anche dalla Gallup, per la quale la percentuale degli italiani che ha una certa fiducia in esso (completa e parziale) è il 66%, ben al di sotto della media EU27 del 74%. E solo il 22% degli italiani pensa, per TNS, che gli sforzi del governo per combattere la corruzione siano efficaci (mantenendosi di 6 punti al di sotto della media europea); come anche solo il 57% ha fiducia, per la Gallup, nelle istituzioni nazionali responsabili per la lotta alla corruzione (media EU27 64%).

  3. Infine, per TNS gli italiani ritengono che la corruzione sia più diffusa e livello nazionale e locale (89%) di quanto non sia sul piano regionale (86%), anche se lo scarto è poco, ma in ogni caso molto più alto della media europea (rispettivamente 83%, 81%, 81%), che si è notevolmente alzata rispetto alla rilevazione precedente (77%, 75%, 73%), che a sua volta vedeva un peggioramento rispetto al 2005 (+9%, +7%, +4%). La percezione della corruzione diventa un fenomeno sempre più diffuso a livello europeo.

Se incrociamo questi dati concernenti l’Italia con il CPI, prima esaminato (v. quadro 3.10), ci accorgiamo che la percezione della corruzione italiana che si ha all’estero e che possiedono gli uomini di affari, gli opinionisti e coloro che hanno esperienza delle cose italiane è molto più elevata, in termini relativi, di quella posseduta dagli italiani; ovvero la percezione di questi ultimi circa i livelli di corruzione e il peggioramento delle condizioni di legalità nel proprio paese è meno drammatica di quella posseduta all’estero, la quale colloca l’Italia in posizione di gran lunga più critica rispetto a nazioni i cui cittadini invece (nel contesto dell’EU) mostrano un più elevato livello di preoccupazione.

Inoltre gli italiani hanno sì una chiara consapevolezza del fenomeno corruttivo, ma tale presa d’atto non si accompagna, come ci si potrebbe invece aspettare, all’idea che essa sia inevitabile: solo il 51% degli italiani la pensa in questo modo, molto al di sotto del 69% degli europei, che per questo aspetto risultano molto più pessimisti. Che sia possibile mettere in atto strategie preventive contro il pericolo della corruzione è dimostrato dal punteggio (di poco) al di sopra della media ottenuto dalle 20 aziende italiane esaminate da Transparency International per la qualità delle procedure tendenti alla trasparenza e miranti a lottare contro le tentazioni a privilegiare pratiche corruttive; il che significa che si ha fiducia nella possibilità che delle pratiche virtuose a livello aziendale possano costituire un efficace deterrente per contrastare le tangenti e la corruzione (Transparency International, Transparency in Reporting on Anti-Corruption. A Report on Corporate Practices. Berlin 2009, p. 13). Come si spiega questo atteggiamento relativamente non fatalistico a fronte di una situazione politico-sociale in cui si avverte una sostanziale indifferenza verso i fenomeni corruttivi degli ultimi anni, che scarsamente incidono sul consenso goduto dai politici? In prima approssimazione si potrebbe ipotizzare che ciò sia dovuto a un sostanziale disincanto verso la politica: il fenomeno di tangentopoli e la sua sostanziale mancanza di efficacia nel debellare la corruzione politica e amministrativa ha ingenerato l’idea che “tanto sono tutti gli stessi” e che quindi le maggioranze politiche e le classi governanti possono cambiare senza che niente muti sul piano dei comportamenti corruttivi. Ciò comporta o un disincantato scoramento che spesso trova la sua via d’uscita in un nobile rifiuto e nel disinteresse verso la politica, alla quale vengono anteposti comportamenti sociali o atteggiamenti esistenziali ritenuti più significativi; oppure ad una cinica forma di adattamento in cui ciascuno cerca di arraffare più che può, approfittando del generale malcostume e delle posizioni di potere o di microinfluenza di cui dispone.

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