L’Italia che affonda

4.29 - Privato e pubblico nel finanziamento della ricerca: USA e Italia


Il finanziamento della ricerca scientifica in generale (e quindi non solo nelle università) vede negli USA un concorso del privato per circa il 68% del totale; ed in questo si concentra maggiormente il finanziamento della ricerca applicata e di sviluppo (vedi figura 89b).
Proprio questo dato segna la più macroscopica differenza con la situazione italiana, che è caratterizzata per il bassissimo tasso di investimento dell’industria e del privato in ricerca, sia intra muros che all’interno del sistema universitario. È questo “il buco nero” della ricerca italiana nel quale sta venendo risucchiata l’Italia dell’innovazione (cfr. Greco & Termini, op. cit., pp. 62-69). La distanza dagli Stati Uniti è abissale, ma anche il distacco dell’Italia dall’EU (nelle sue varie composizioni) è enorme ed è cresciuta progressivamente dal 1981 al 2008, con una timida inversione di tendenza negli ultimi due anni (vedi la figura 89c). Anche in rapporto al PIL, l’investimento del settore “enterprise and business” italiano è largamente al di sotto degli Stati Uniti e delle medie europee. Secondo le informazioni tratte dal databank di Eurostat, in Italia il tasso va dallo 0,51% sul PIL del 1998 allo 0,6% nel 2009, con una leggerissima variazione in aumento nel corso di dieci anni; ma sia in valore assoluto, sia in tasso di crescita siamo sempre al di sotto degli altri paesi.
Nel periodo 1998-2009 gli Stati Uniti passano dall’1,9% al 2%, l’EU27 dall’1,13% all’1,21%, l’EU15 dall’1,17% all’1,28% e l’area dell’euro dall’1,16% all’1,22%. Insomma siamo alla metà circa dell’Europa e ancora più indietro rispetto agli Stati Uniti. Nell’OECD fanno peggio di noi solo paesi come la Bulgaria (0,15%), l’Estonia (0,56%), Cipro (0,15%), la Lettonia (0,15%), la Lituania (0,19%), l’Ungheria (0,53%), Malta (0,35%), la Polonia (0,19%), la Romania (0,17%), la Slovacchia (0,2%), la Croazia (0,4%), la Grecia (0,16% - dato 2007) e la Turchia (0,3% - dato 2007): tutti paesi che non hanno una tradizione di imprenditoria privata alle spalle e che in ogni caso non si fregiano di appartenere al G8. Anche i dati forniti dall’OECD sono sostanzialmente convergenti: basti dire che rispetto alla media OECD di spesa sul PIL dello 1,65% nel 2008, l’Italia conferma il suo 0,6%. 

La spiegazione di questa peculiare anomalia italiana fa di solito riferimento a quella che è stata definita la “struttura duale” del sistema produttivo italiano, formato da un nucleo di grandi imprese (con più di 500 dipendenti) che svolgono sistematicamente attività di ricerca (circa il 70% del totale), anche se in misura minore rispetto a quella di altri paesi; e da una moltitudine di piccole e medie imprese, rivolte prevalentemente ai beni di consumo di massa, che preferiscono sfruttare la conoscenza e le tecnologie prodotte altrove. Una situazione che dovrebbe fare riflettere gli industriali italiani - specie quelli delle aziende maggiori - sulla necessità di una più coraggiosa iniziativa in questo settore; ma per far ciò occorrerebbe una politica complessiva - concertata tra industria, Stato e lavoratori - mirante al cambiamento della specializzazione produttiva italiana, per puntare alla conversione dalle medie e basse tecnologie a quelle di punta, così come è avvenuto in altri paesi europei; e ciò richiederebbe un forte impegno programmatore e propulsivo da parte della politica. Proprio ciò di cui non si ha traccia in Italia.

 

Quadro precedente

Quadro_4.30.html

Quadro successivo

HOMEHome.html
Quadro_4.28.html

Note e osservazioni


Quadro 4 - Miti e tristi realtà dell’università italiana