L’Italia che affonda

4.2 - Chi trucca l’università: la spesa per studente nella filiera educativa


Per valutare la tesi per la quale in Italia la spesa per R&S è più che sufficiente rispetto agli standard europei (v, quadro 4.1) è indispensabile innanzi tutto evitare di assimilare la spesa per R&S alla spesa per l’università (anche se ciò è in parte plausibile, visto il ruolo da essa rivestito nella R&S) e poi identificare quest’ultima con la spesa media per studente e con quella per gli stipendi del personale docente. Che queste spese non possano essere affatto immediatamente equiparate alle spese destinate alla R&S è testimoniato anche da tutti i rapporti e le indagini su questo aspetto condotte sul piano internazionale, che accuratamente le distinguono. La Bibbia in questo campo, utilizzata da quasi tutti gli studiosi – il rapporto annuale curato dall’OECD, Education at a Glance – distingue nella spesa per studente gli “educational core services”, ovvero i servizi fondamentali in strutture, stipendi ecc.; gli “ancillary services”, che riguardano le spese per mensa, trasporti e alloggi universitari; e quella per R&S, che riguardano in particolare il livello terziario, ovvero l’università. Inoltre possiamo aggiungere, in base alle considerazioni prima svolte, che mentre le spese per studente (e in genere quelle appartenenti alle prime due categorie) hanno a che fare con il miglioramento del capitale umano, invece la spesa diretta in R&S (di base ed applicata) concerne l’aumento dello stock di conoscenze esplicite e codificate, traducibili in modo più o meno immediato in innovazione tecnologica e produttiva. Per cui investire in R&S non significa aumentare gli stipendi ai docenti universitari o spendere di più per studente: questi fattori hanno una incidenza sulla ricerca scientifica molto indiretta che deve essere attentamente valutata con metodologie differenti e più raffinate della semplice divisione del FFO per il numero di studenti universitari.

Scendendo nello specifico, la citata Education at a Glance del 2009 ci fornisce dati che smentiscono la tesi dell’adeguato finanziamento della filiera educativa italiana (v. quadro 4.1), innanzi tutto per il primo aspetto, ovvero la spesa per studente. Prendendo in considerazione tutti i tipi di servizi (compresi i sussidi per alloggi, trasporti e mensa) a tutti i livelli educativi (dalla scuola primaria all’università), abbiamo il quadro fornito dalla figura 54, dove si vede come l’Italia sia al di sotto della medie Oecd ($ 8.263 di contro a $ 8.857) e in ogni caso molto al di sotto del Regno Unito ($ 9.309), che supera tale media. Ovviamente tali cifre risentono di tutta una serie di fattori come i salari dei docenti, il costo del sistema pensionistico, le ore di insegnamento e il numero di studenti. Tali dati sono nella sostanza confermati anche nell’edizione 2010 di Education at a Glance, anche se la spesa dell’Italia diminuisce ulteriormente (passa a $ 7.948), unico paese a peggiorare (insieme alla Slovenia) e la distanza dal totale Oecd ($ 8,216) si accresce, scendendo anche al di sotto della media dell’EU19 ($ 8.013).

 

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Note e osservazioni


Quadro 4 - Miti e tristi realtà dell’università italiana