L’Italia che affonda

4.13 - Stipendi a confronto: Italia contro resto del mondo


Ma è lo stipendio medio e massimo dei professori italiani superiore a quello delle università britanniche, com è stato sostenuto (v. quadro 4.11)?  Facciamo qualche confronto.

Una delle poche pubblicazione che affronta sistematicamente la questione è la ricerca fatta da Laura E. Rumbley, Iván F. Pacheco e Philip G. Altbach (International Comparison of Academic Salaries: An Exploratory Study. Center for International Higher Education – Lynch School of Education: Boston College), che purtroppo tra i paesi esaminati non comprende l’Italia. Inoltre i salari sono dati al loro livello di ingresso e al livello massimo, indipendentemente dalla fascia (come se in Italia si facesse carriera in modo continuo da ricercatore a stipendio iniziale e professore ordinario al massimo della carriera). Dei dati forniti (che concernono gli anni 2005-06) selezioneremo solo alcuni paesi più significativi, in particolar modo Stati Uniti e UK, chiamati in causa per dimostrare la tesi che i professori italiani sono pagati profumatamente. I dati che si ottengono - nonostante tutte le incertezze e le cautele di una materia estremamente spinosa e complessa - sono ben lungi dall’avallare l’idea che gli stipendi medi e massimi dei professori universitari italiani siano nettamente superiori a quelli di Stati Uniti e Gran Bretagna (vedi la figura 69).
Si deve notare, ad abundantiam, che abbiamo preso per stipendio iniziale italiano quello del professore universitario e non quello del ricercatore (che corrisponderebbe al lecturer degli altri paesi); che gli stipendi italiani sono quelli del 2010; che lo sviluppo massimo della carriera è in Italia - come abbiamo spiegato - meramente teorico; che infine, con la riforma Gelmini gli scatti stipendiali sono stati “raffreddati” triennalizzandoli. Per cui se è vero che lo scarto tra stipendio iniziale e finale è molto più elevato in Italia che negli altri paesi esaminati (ma assai minore di quello di altre nazioni, come Cina, Arabia Saudita, Sud Africa, Argentina, Malesia, Colombia e Nuova Zelanda che però partono da stipendi iniziali assai più bassi) ed è frutto di puri automatismi temporali, slegati da ogni considerazione di merito, tuttavia tale differenza è di fatto compensata dalla lentezza dello sviluppo della carriera italiana (v. quadro 4.12), per cui sono assai pochi coloro che pervengono ai livelli alti delle retribuzioni.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, i dati più recenti forniti dal National Center for Education Statistics danno per il 2009-10 uno stipendio medio mensile lordo per i docenti incardinati nelle Facoltà delle università che rilasciano almeno il “degree” di 73.910 $ annue (a parità di potere d’acquisto rispetto al 2008-09), calcolati su nove mesi; ovvero circa 8.212 $ mensili, con stipendi più elevati per gli uomini rispetto a quelli delle donne (NCES, Mini-Digest of Educational Statistics, U.S. Department of Education, p. 24). In considerazione del fatto che la tassa da pagare per il reddito considerato (in un capofamiglia) è nel 2010 di 13.343 $ + il 28% dell’importo che supera 68.000 $, ovvero 20.088 $, il reddito netto mensile è di circa 5.980 $ (v. il sito dell’Ufficio federale delle tasse Usa: http://www.usa-federal-state-individual-tax.com/income_tax_rates.asp). Si tenga conto che questo è il reddito medio in tutte le università americane, e non certo quello che viene percepito nelle migliori, ad esempio nelle “research universities”, o quello apicale di un “full professor”.


 

Quadro precedente

Quadro_4.13.1.html

Quadro successivo

HOMEHome.html
Quadro_4.12.html

Note e osservazioni


Quadro 4 - Miti e tristi realtà dell’università italiana