L’Italia che affonda

È particolarmente significativo anche il Prosperity Index (PI) predisposto dal Legatum Institute e che ha come obiettivo - ispirandosi al famoso discorso di Robert Kennedy di critica del PIL pronunciato nell’università del Kansas il 18 marzo del 1968 - di non misurare la prosperità di una nazione solo in termini monetari e di disponibilità dei beni (ovvero mediante il solo PIL), ma anche e soprattutto avendo presente il benessere e la qualità della vita, ovvero in base alla felicità, alla salute e alla libertà godute dai suoi cittadini. L’indice che è stato creato a questo scopo valuta 110 paesi del mondo (circa il 90% della sua popolazione) ed è basato su 89 diverse variabili raggruppate in  otto sub-indici, ciascuno dei quali rappresenta un aspetto fondamentale della prosperità (ricchezza economica, opportunità di affermazione nel lavoro e risorse di imprenditorialità, governance, educazione, salute, sicurezza, libertà personale e capitale sociale). In questo indice complessivo l’Italia occupa il 25° posto, rimanendo anche assai indietro rispetto ai paesi dell’EU27, nella quale occupa solo il 16° posto e precedendo solo paesi come Portogallo, Polonia, Ungheria, Estonia, Slovacchia, Croazia, Grecia, Lituania, Bulgaria, Lettonia, Romania, quasi tutti dell’ex area socialista. Come al solito, se si paragona il rendimento dell’Italia a quello di altri stati che costituiscono un suo più diretto punto di riferimento (ad es. quelli del G8 o dell’Europa occidentale a noi più vicini) il risultato non è dei più confortanti (vedi la figura 22).

































 

3.6 - Il posto dell’Italia nel Prosperity Index

Quadro 3 - L’arretramento in innovazione e ricerca dell’Italia

Quadro precedente

Quadro_3.7.html

Quadro successivo

HOMEHome.html

Note e osservazioni


Quadro_3.5.html