L’Italia che affonda

3.18 - Il “Global Innovation Scoreboard” e il posto dell’Italia


La Commissione Europea, allo scopo di effettuare una comparazione tra il rendimento innovativo dei paesi che fanno parte dell’Unione e quelli che investono maggiormente nel mondo in Ricerca e Sviluppo (R&S) (come Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Hong Kong, India, Israele, Giappone, Nuova Zelanda, Rep. di Corea, Messico, Federazione Russa, Singapore, Sud Africa e Stati Uniti) ha proposto il Global Innovation Scoreboard (GIS), che include 9 indicatori di innovazione e capacità tecnologiche raggruppate in tre principali dimensioni o “pillars”: attività e prodotti delle aziende, risorse umane, infrastrutture e capacità di assorbimento (absorptive capacity). La graduatoria della GIS che ne risulta (riferita all’anno 2005) vede l’Italia al 25° posto, pur migliorando due posti rispetto al 1995 (vedi figura 41).
Si può constatare in sintesi che rispetto ai dati del 1995 Svizzera, Giappone, Corea e Germania mostrano una relativa eccellente performance nelle attività innovative del business. Finlandia, Israele e Canada sono particolarmente forti nelle risorse umane. Svezia e Danimarca sono ben posizionate per le loro infrastrutture e la capacità di assorbire conoscenza e innovazione. Infine i paesi che vedono un miglioramento più veloce sono la Cina, che scala otto posizioni (+8), Singapore (+7), il Portogallo (+7), la Spagna (+6), Cipro (+5), la Turchia (+5) e il Brasile (+5). L’Italia, al solito, continua mestamente la sua marcia del gambero (vedi figura 42, nella quale abbiamo riportato i ranking dei più significativi paesi e della media dell’EU27 con le variazioni in posizione per le tre dimensioni rispetto al 1995).



 

Quadro 3 - L’arretramento in innovazione e ricerca dell’Italia

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Note e osservazioni


Il parere del Governatore della Banca d’Italia - E proprio questo quadro ad aver di fronte il Governatore della Banca d’Italia Draghi quando nella sua ultima relazione annuale del 2010, in merito alla crisi economica italiana e alla bassa crescita del periodo 2000-2007 (in cui il PIL è cresciuto di circa l’8% in termini reali, che è poco più della metà dell’area dell’euro) con la performance peggiore dei principali paesi sviluppati, afferma che a pesare su tali dinamiche è «una struttura produttiva concentrata in attività con basse opportunità di crescita, frammentata e in parte in ritardo nell’assorbimento dei nuovi paradigmi tecnologici». E ciò dipende dal fatto che «in Italia, sono più bassi i pesi dei settori tecnologicamente avanzati e di quelli che fanno un uso intenso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La ridotta dimensione media delle imprese rende difficile sostenere gli elevati costi fissi dell’attività innovativa e di internazionalizzazione».